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Immagine del redattoreAngelo Fernando Galeano

I principali stili vocali nel Musical Theatre

Aggiornamento: 12 giu

Tratto dalla relazione “Tra Broadway e West End, le diverse concezioni del teatro musicale” presentata a La Voce Artistica, Ravenna, il 13 ottobre 2019. (revisione maggio 2024)



Non esiste nel Musical Theatre uno stile di canto univoco, che possa coprire tutti i generi di spettacolo che rientrano nella grande definizione di Musical.

Esistono però tre stili vocali principali che caratterizzano diverse vocalità e generi di spettacolo, anche alla luce del periodo di composizione dell'opera, ma sempre al servizio del personaggio.


Sono: Legit, Belt e Speech&Twang.


Legit

Il termine deriva da Legitimate Singing, che vuol dire pressappoco canto codificato, canto che soggiace a determinate regole.

Si tratta infatti di quello che noi italiani chiamiamo “musical classico”, perché associamo in modo un po’ superficiale la parola “classico” alla vocalità di stampo operistico.

In realtà è un genere vocale che deriva dal Belcanto Italiano storico, ossia quello esportato in Inghilterra dai grandi castrati italiani come Farinelli e Senesino e dal compositore Nicolò Porpora all’inizio del ‘700 e che è sopravvissuto nella didattica inglese ad opera di Manuel Garcia figlio, che fu insegnante alla Royal Academy dal 1850 al 1895.


Nel corso della storia si è però discostato dalla vocalità operistica, o meglio, è la vocalità operistica che, specie in italia, è andata in un’altra direzione; l’opera italiana ottocentesca ha infatti sviluppato un suono a laringe più bassa, privilegiando una sensazione consonanziale più sobbing rispetto al cry. Il Legit invece è un suono, benché meccanicamente simile a quello dell’opera, molto meno ipercinetico.


Gli inglesi oggidì considerano il Legit uno stile vocale elettivo per qualsiasi manifestazione canora di un certo rilievo, ma l’insieme delle conoscenze, in termini di allenamento e di stile, derivanti dal Belcanto Italiano, sono racchiuse nella codifica del Legit non solo come stile vocale ma anche e soprattutto come allenamento di base per imparare il canto da zero, al servizio poi di qualsiasi stile teatrale.


Nelle grandi accademie inglesi di teatro musicale infatti, e da qualche anno anche nelle migliori accademie italiane, si studia obbligatoriamente ed esclusivamente il Legit, e quindi il cosiddetto repertorio pre-SixtyFive, per tutto il primo anno di studi accademici.

Agli allievi dell’Arts Educational School di Londra, la migliore accademia di teatro musicale del Regno Unito, il cui presidente è Andrew Lloyd Webber in persona, è fatto divieto assoluto per tutto il primo anno di cantare qualsiasi canzone scritta dopo il 1965.

Il repertorio Belt, soprattutto rock, si affronta nel secondo o addirittura nel terzo anno di studi accademici.


Quando si parla genericamente di Musical, specie di Musical Inglese, ci si riferisce principalmente a questo stile vocale e a spettacoli costruiti su questo stile.


Esistono un Legit Classico, un Legit Moderno, uno Neoclassico ed uno Contemporaneo.




Come avete potuto intendere dal video, la tecnica vocale per lo stile Legit è molto simile alla tecnica operistica italiana storica settecentesca, ma non a quella tardoromantica o verista, quella che oggi viene diffusa nel mondo come tecnica italiana, che è a laringe molto più bassa.


Repetita Iuvant: Il Legit si differenzia dall’Opera italiana insegnata oggi in tutto lo stivale essendo una vocalità mai forzosa, basata sì sull’inclinazione tiroidea, ma dal punto di vista risonanziale sul cry e mai sul sobbing, e, come avete potuto notare nel primo esempio di Sierra Boggess, basata su una respirazione diaframmatico-costale e non addominale.



Belt

Lo stile vocale che invece nell’immaginario collettivo italiano è più strettamente connesso al musical anglosassone è il Belt.


Diamo un’etimologia a questo termine:

La parola Belt deriva dal verbo inglese to belt, che nel suo significato originale vuol dire “legare, legare con una cinghia, allacciare", ma anche, per estensione di significato, “prendere a cinghiate, frustare”, implicando in sé il concetto di forza e violenza. Da questo significato prende vita l’accezione di “colpire con forza”, e quindi “rimbombare”, “risuonare con forza nelle orecchie”. Da qui il gergale, ma ormai ampiamente consolidato, “cantare a squarciagola, urlare”. Prima di Jo Estill si parlava esclusivamente di chest voice, è stata lei ad inserire poi il termine Belt nella didattica contemporanea.


Nasce da un rifiuto ponderato della vocalità Legit, spesso in contrapposizione marcata, per un’efficacia maggiore ed un’espressività più aggressiva in Musical Pop/Rock e in spettacoli più Contemporary.


Nel Curriculum Vitae le artiste donna devono sempre aggiungere, oltre alla loro estensione massima in Legit, anche una postilla Belt D, E, F o G, secondo la nomenclatura anglosassone RE, MI, FA o SOL, a seconda della nota più alta che riescono a performare in questa qualità di suono.

E’ assolutamente impensabile che un attore o un attrice di teatro musicale non sia in grado di emettere questa qualità di suono, così come è assolutamente inconcepibile che lo stesso artista non sia capace di utilizzare sia il Legit che il Belt a seconda dello stile e dell’epoca di composizione dello spettacolo che va ad interpretare.


I nostri amici inglesi sostengono che il Belt sia come il ketchup. Un lieve intingolo della patatina la rende più saporita, riempire invece senza ritegno di ketchup un piatto di patatine lo rende una poltiglia immangiabile in cui il sapore delle patatine, ossia delle note, scompare.


Diamo un’occhiata a due esempi di Belt, uno un po’ più datato e uno più contemporaneo.

Il primo è una prodezza di Barbra Streisand nel film Yentl, il secondo di una delle più acclamate interpreti statunitensi di Musical Contemporaneo e Rock Opera, Idina Menzel.




Scendendo ancora di più nel dettaglio, il termine Belt identifica sia un tipo di suono che uno stile vocale, per cui spesso viene chiamato Belt ciò che Belt meccanicamente non è.

Meccanicamente il Belt è semplicemente un M1 "al quadrato", rafforzato dall'attivazione della cartilagine cricoidea. Stilisticamente invece è invalsa l'abitudine di associare al termine Belt un qualsiasi rinforzo di M1 al Mix, per cui, ad esempio, si può sentir parlare di Mix-Belt, che di per sé sarebbe una contraddizione in termini, o è Mix o è Belt, ma in questo caso si tratta di un termine stilistico, non meccanico, che identifica un Mix molto potente in cui la quantità di M1 è preponderante, quello che noi italiani chiamiamo M1mix2 e codifichiamo come Mix orizzontale.


In ambiente anglo/americano c'è anche l'abitudine di racchiudere in un grande insieme a nome Belt tutto ciò che non è Legit, creando una dicotomia stilistica più legata al contesto storico stilistico che non a quello meccanico: Legit vs Belt, o addirittura nella didattica contemporanea degli ultimi anni, il termine Legit è sostituito dall'atteggiamento laringeo/vocal tract relato Cry, per cui la nuova dicotomia degli anni '20 del XXI secolo è Cry vs Belt.


Speech&Twang

Questo stile vocale è quello più sconosciuto in Italia. È teorizzato maggiormente dagli inglesi, anche se utilizzato di più dagli americani.

In soldoni gli inglesi lo teorizzano perché devono pensarci quando lo fanno, gli americani invece, lo fanno e basta, senza etichettarlo, perché corrisponde, bene o male, al loro modo di parlare quotidiano.


Si tratta di una miscela di speech quality con una contrazione dello sfintere ariepiglottico che aumenta sensibilmente man mano che si va verso l’alto.


È un suono tipico della musical comedy, proprio perché si presta molto allo scilinguagnolo tipico dell’opera buffa che è poi approdato nel ‘900 anche nel musical.


È una qualità di suono molto comune nei recitativi, ossia la parte meno cantata che precede una canzone in cui il ritmo del testo è scandito seguendo il ritmo naturale delle parole, come se le si dicesse senza cantarle.

Ciò non toglie però che esistano intere canzoni basate su questo stile vocale.


Lo si ascolta frequentemente in canzoni di personaggi comici, i cosiddetti caratteristi, oppure in momenti comici di personaggi di base più seri, sempre seguendo il filone dell’opera buffa e, mi si consenta, del dramma giocoso, ed è strumento comunicativo privilegiato nei momenti di sfondamento della quarta parete, ossia quando il personaggio parla col pubblico spiegando uno stato d’animo o una situazione.


Ascoltiamone due esempi: la prima è la divina Sutton Foster in Anything Goes, alla cerimonia dei Tony Awards del 2011, la seconda è Kara Lindsay, che è stata protagonista del remake del musical Disney Newsies. Qui la ascoltiamo in un concerto al Feinstein’s 54 Below, un locale di New York dove gli artisti di Broadway si esibiscono spesso e volentieri.




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