Cos’è l’effetto Dunning-Kruger?
Ci vengono in soccorso i due teorizzatori di questo fenomeno, da cui prende il nome, due psicologi della Cornell University, situata a Ithaca ( sì davvero! splendido nome vero?) nello stato di New York negli Usa.
I due studiosi, insieme alla loro equipe, ci spiegano che questo effetto è una distorsione cognitiva a causa della quale individui poco esperti tendono a sopravvalutarsi, giudicando, a torto, le proprie abilità come superiori alla media.
(David Dunning, Kerri Johnson, Joyce Ehrlinger and Justin Kruger, Why people fail to recognize their own incompetence, in Current Directions in Psychological Science, vol. 12, nº 3, 2003)
In pratica questa distorsione viene attribuita all'incapacità da parte di chi non è esperto in una materia, di riconoscere i propri limiti ed errori.
L’inesperto infatti tenderebbe a sovrastimare il proprio livello di abilità, al contempo sottostimando quello degli altri. La propria mancanza di abilità o conoscenza viene infine riconosciuta dall’individuo solo qualora riceva un reale addestramento approfondito nell’attività in questione.
Benché questo studio sia del 1999, si ritrovano teorizzazioni più antiche di questo effetto in molti padri della cultura occidentale che lo hanno individuato per esperienza pur senza studi scientifici a comprovarlo:
“L'ignoranza genera fiducia più spesso della conoscenza” (Charles Darwin)
“Il saggio sa di essere stupido, è lo stupido invece che crede di essere saggio”
(William Shakespeare, As you like it)
La dinamica è molto semplice: l’inesperto inizia un’attivita o lo studio di una materia e immediatamente tende a sovrastimare la sua preparazione e allenamento facendo volare alle stelle la propria sicurezza e sensazione di conoscenza e abilità.
Man mano che l’esperienza e la conoscenza aumentano questa sicurezza vien via via scemando fino al punto in cui l’inesperto comprende di essere tale e si dedica al rimedio di tale condizione.
Finché la conoscenza arriva ad un punto sufficiente a ristabilire un buon equilibrio fra esperienza e consapevolezza.
Ma l’effetto ha anche una controindicazione inversa.
Con l’aumentare dell’abilità in proporzioni decisamente importanti, lo studioso tende non più a sottostimare la propria abilità ma a sovrastimare quella altrui, considerando facili ed ampiamente comprensibili cose che in realtà non lo sono, generando quella che i nostri studiosi chiamano la Sindrome dell’Impostore, ossia quel momento in cui il vero esperto considera le proprie competenze e abilità allo stesso livello di quelle di chiunque altro, ovviamente a torto, ritenendo di star spiegando o di attuare competenze e conoscenze che, percepite ormai come banali e scontate, ritiene essere alla portata di tutti.
L’esperto affetto da Sindrome dell’Impostore generalmente si sente inutile o ha enormi difficoltà a richiedere un giusto compenso o riconoscimento per la propria competenza o per lo svoglimento del proprio mestiere o attività.
Nel canto come in tutte le arti performative questo fenomeno è quotidianamente riscontrabile in ogni scuola o accademia.
L’artista riceve nei primi mesi di studio un’infarinatura di poche competenze di base, spesso anche incomplete, proprio perché spiegate ad un incompetente, quindi adeguate al suo livello di comprensione, e immediatamente ritiene di saper cantare, di aver raggiunto l’obiettivo prefissato e, spesso, di poter addirittura trasmettere e insegnare quelle poche competenze ricevute, il più delle volte da un altro artista nella medesima situazione che ha venduto tutta la sua merce.
E’ cosi che lentamente si possono perdere secoli di tradizione di allenamento e conoscenze che, essendo basate solo sulla tradizione orale e sulla trasmissione da allievo a maestro, specie per quelle più fisiche, non vengono più trasmesse dal momento in cui un artista sotto l’effetto Dunning-Kruger ritiene di essere pronto a insegnare, spezzando così la catena delle conoscenze e della tradizione da cui deriva il suo maestro.
Stesso discorso per quei cantanti che, non riconoscedo i loro limiti vocali e di allenamento, ritengono di poter affrontare ruoli e situazioni molto più complesse di quanto la percezione di sé suggerisca, spesso restando scottati o pesantemente danneggiati.
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