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Immagine del redattoreAngelo Fernando Galeano

La vera storia del Do di petto.

Aggiornamento: 6 ott 2021

Era la sera del 17 settembre 1831 e a Lucca la sala del Teatro del Giglio brulicava del pubblico delle grandi occasioni; si dava in prima italiana il Guglielmo Tell, l’ultima grande opera del Maestro del Belcanto Gioacchino Rossini.

Ad interpretare il ruolo di Arnoldo il tenore Gilbert Duprez.


Due anni prima, nel 1829, questo splendido e romantico ruolo era stato interpretato, per la prima volta in assoluto, dal primo tenore dell’Opera di Parigi: Adolphe Nourrit.


Il tenore Adolphe Nourrit (Montpellier, 1802 – Napoli, 1839), allievo di Manuel Garcia padre (Il primo Conte d’Almaviva ne Il Barbiere di Siviglia) era l’ultimo baluardo del tenorismo belcantistico, sulla scia della moda dei tenori haute-contre, una vocalità tenorile tipicamente francese, ma utilizzata anche in Italia, in cui per gli acuti oltre il passaggio fa#/sol l’artista utilizzava una meccanica d’emissione nota storicamente come falsettone, oggi la chiameremmo M2mix1, garantendo alla voce omogeneità di timbro e di emissione in acuto e caratterizzata da leggerezza e timbro androgino.


La cabaletta ("Amis, amis secondez ma vengeance”) dell’aria (“Asile héréditaire…” ) del personaggio di Arnoldo, contiene ben sei Do4, senza contare il settimo non scritto ma aggiunto al termine dell’aria per tradizione. Potete farvi un'idea ascoltandola nella magistrale interpretazione del tenore Michael Spyres.



Tradizionalmente questa nota, e quelle immediatamente più giù e più su, erano emesse in M2mix1, meccanica che garantiva ad un uomo l’omogeneità e la leggerezza auspicate,


Alla prima italiana a Lucca, la sera del 17 settembre 1831, si udì per la prima volta utilizzare una meccanica alternativa: Gilbert Duprez, in uno slancio di realismo vocale, sicuramente per aggiungere un tocco di drammaticità alla sua interpretazione e di mascolinità alla sua vocalità, evitò la pratica tradizionale in favore di un’emissione a massa cordale decisamente più spessa, dando così l’impressione che la nota fosse emessa nel registro all’epoca chiamato “di petto”, a causa dell’importante sensazione di consonanza della cassa toracica durante la fonazione, in contrasto con il registro opposto, all’epoca definito “di testa”.



Con molta probabilità il tenore Gilbert Duprez (Parigi, 1806 - Poissy, 1896) aveva emesso il Do4 in una meccanica più simile al Belt che non al Mix, ossia un suono in M1 a laringe alta.

Questo mio sospetto è supportato dalle numerosissime testimonianze dell’epoca, fra cui, la più importante, quella di Manuel Garcia figlio che descriveva il Do di Duprez come emesso in registro di petto di colore chiaro. Tutte le altre sono concordi nel descrivere l’atteggiamento di Duprez, in fase d’emissione del fatidico Do, come estremamente forzoso, con la testa all’indietro, le vene del collo vicine all’esplosione e il viso paonazzo e deturpato da un’orribile smorfia.


Insomma, uno strillo scomposto, per nulla elegante, per nulla “belcantistico”, dettato dalla crescente necessità di realismo e verosimiglianza nel teatro che qualche anno più tardi sarà ispiratrice delle correnti del Verismo e del Naturalismo. Rossini lo aveva definito “l’urlo di un cappone sgozzato” e in un’altra occasione, nel ricevere Duprez nella sua villa di Passy, Rossini lo invitò, entrando, a lasciare “il suo orribile Do fuori la porta”.


Oggi siamo perfettamente in grado di distinguere le realtà meccanico laringee dalle sensazioni consonanziali, nessuno definirebbe più l’urlo di Duprez come “di petto”, probabilmente sarebbe etichettato come Belt, quel che resta, però, è un grandissimo alone di sensazionalismo intorno a questa nota, nutrito dallo spasmodico desiderio di esibizione di mascolinità tossica di alcuni tenori del ‘900 e dalla scomparsa, alla fine dell’800, della metodologia vocale del Belcanto Italiano in favore di una nuova metodologia più aggressiva e meno salubre, basata sull’affondamento forzoso della laringe e sull’accantonamento della respirazione costo-diaframmatica in favore di quella addominale.


La vocalità e l’estetica interpretativa di Duprez sono anche responsabili della nascita della figura di quello che i tedeschi chiamano Heldentenor, il tenore eroico, romantico, baritonale, in contrasto con la delicatezza e la chiarezza della vocalità tenorile belcantistica che predilige il legato e il fraseggio alla mera esibizione di tonnellaggio vocale.


Quella sera, a Lucca, si preparava il terreno per la scomparsa del Belcanto e la nascita dell’Affondo, la nuova vocalità operistica “moderna” che in Italia ha soppiantato il Belcanto per tutto il ‘900.


Insomma, il caro Duprez non compì nessuna impresa eccezionale né aprì la strada a nulla di più efficace o artisticamente valido, la sua fu una gigionata circense le cui conseguenze subiamo ancora oggi grazie all'aura di sensazionalismo che la sua esibizione ha portato nella storia del Teatro Musicale.


Quanto al povero Nourrit, rimpiazzato da Duprez come primo tenore dell’Opera di Parigi, sentendosi messo da parte, abbandonò deluso Parigi. A Napoli venne accolto caldamente e lì riprese anche lo studio del canto con Donizetti, che nel frattempo componeva per lui una nuova opera, il Poliuto. Tuttavia, quando la prima della nuova opera fu vietata dalla censura borbonica, la grave depressione e la mania di persecuzione che ormai lo affliggevano ebbero il sopravvento e Nourrit si diede la morte gettandosi da una finestra del suo albergo.



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